PROSA | Aspettando Godot

di Samuel Beckett
copyright Editions de Minuit
traduzione Carlo Fruttero
regia, scene, luci e costumi Theodoros Terzopoulos
con (in o.a.) Paolo Musio, Stefano Randisi, Enzo Vetrano e Giulio Germano Cervi, Rocco Ancarola
musiche Panayiotis Velianitis
consulenza drammaturgica Michalis Tratsis
produzione Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini
in collaborazione con Attis Theatre Company
Uno spettacolo che va in scena sulle rovine del mondo, in un futuro più o meno vicino a noi, in un luogo in cui tutte le ferite del presente e del futuro sono acuite. In questo confine dell’esistenza umana, quali sono le condizioni minime possibili per tornare a vivere di nuovo, per pensare a una vita che valga la pena di essere vissuta?
In Aspettando Godot vengono date due risposte possibili, e da qui Theodoros Terzopoulos fa partire il suo lavoro. La prima è il tentativo di comunicare e coesistere con l’Altro, colui che ci è prossimo, nonostante gli ostacoli, anche quando questi sembrano insuperabili.
La seconda è il tentativo di mettersi in comunicazione con l’Altro dentro di noi, quest’area buia e imperscrutabile densa di desideri repressi e paure, istinti dimenticati, regione dell’animalesco e del divino, in cui dimorano la pazzia e il sogno, il delirio e l’incubo.
Un viaggio verso l’Altro dentro di noi e verso l’Altro al di fuori di noi, all’opposto, lontano da noi, che proviamo a fare ogni giorno. Aspettando cosa? L’incontro con l’Umano, la fine di ogni atto di umiliazione inflitto da uomo a un altro uomo? Il Niente o l’Attesa, per usare i termini ironici e beffardi di Beckett? Ma esiste forse un altro modo per immaginare l’umanità emancipata, senza dover ricorrere all’abbattimento dei muri che separano questo “dentro” da questo “fuori”?